lunedì 30 novembre 2015

Il Buffardello, storia e origini del folletto garfagnino

Un movimento improvviso, un frusciare di foglie, un rametto che si spezza... Succedeva così che il ripetersi casuale di certe situazioni, l’avverarsi di un sogno, avvenimenti particolari che non era possibile riportare in uno schema logico contribuissero nei secoli passati alla nascita di superstizioni particolari legate ad esseri fantastici, burloni e dispettosi. Anche la Garfagnana ha il suo essere fantastico: è il buffardello, presente in maniera forte nella nostra tradizione popolare e in tanti racconti che venivano narrati “a veglio” accanto al focolare.
Ma chi era il buffardello? Cosa dicono le tradizioni? Guardiamo un pò.
Il buffardello generalmente era indicato come un ometto di una settantina di centimetri con la barba lunga e appuntita, simpatiche scarpe aguzze ed un vestito rosso scarlatto. Coloro che lo hanno... visto lo descrivono non brutto di faccia, non mancherebbe affatto di una certa eleganza. Ben più sinistra invece è la sua origine: il “Grillorosso” (n.d.r: al secolo Alfezio Giannotti, studioso di tradizioni locali e autodidatta di Eglio) in un articolo del 1928 su “La Garfagnana” dice che secondo tradizione il buffardello avrebbe partecipato più di un milione di anni fa insieme a Lucifero ed Arael e mille altri alla detronizzazione di Dio.
Dopo tre giorni di strenue battaglie ebbe le mani forate da un fulmine e una pedata fortissima ricevuta nel didietro lo fece ruzzolare dalle soglie celesti e giunse così sulla terra. Lucifero ed Arael furono relegati negli inferi, mentre egli, magro e piccolino, rimase nascosto e sconosciuto sulla terra a rompere gli occhiali ai preti, a far dispetti alle zitelle e marachelle varie ai contadini. In alcuni casi si presenta con un turbinio di foglie di notevole forza capace di scompigliare ogni cosa. È bene avvisare inoltre che ama la notte: è infatti nelle ore più buie e silenziose che mette in pratica tutte le sue diavolerie. Fra le vittime preferite vi erano i poveri preti: si racconta che in alcuni casi si accaniva sull’aspersorio (lo strumento che il prete usa per benedire) spelacchiandolo tutto, lasciando il manico d’ottone tondo e pelato.
Un parroco della parrocchia di Gallicano (lungi da me dal farne il nome...) giurava e spergiurava, raccontandolo in maniera alquanto animata, di quando se lo trovò durante la notte che gli girava intorno al letto cantandogli la messa da morto.
Mai però era dannoso nel vero senso della parola, era a ogni buon conto esasperante fino all’inverosimile. Lo sapeva bene quel contadino della Pontavilla (località di Gallicano) che trovava nella sua stalla le code delle mucche e i crini dei cavalli intrecciati, e ancor meglio quei poveri marito e moglie che possedevano solo due vacche, una ingrassava a vista d’occhio, mentre l’altra deperiva quasi fino alla morte: ebbene si scoprì che il buffardello la notte toglieva il fieno dalla mangiatoia della vacca magra per darlo a quella grassa.
Che dire sennò delle case trovate con la mobilia sottosopra e i quadri cambiati di posto? Le canoniche poi erano il suo divertimento… Anzi direi di leggere direttamente da chi lo ha “visto”.
Questa è una testimonianza del secolo scorso:
Non v’era dispetto che il maledetto non tentasse ai miei danni. Mi spargeva il sale fra le lenzuola, mi nascondeva la fiaschetta della polvere da caccia. Una volta tentò di farmi ruzzolare in cantina smuovendo le assi del pavimento e poi la notte non mi fa dormire nemmeno un’ora, lo sento aggrapparsi alle coperte, palpeggiarmi tutto, un senso di oppressione infinita che mi toglie forze e respiro...”.
Infine per chi lo dovesse vedere o sentire questi sono gli antidoti: mettere fuori dalla porta un ramoscello di ginepro (il folletto impegnato a contare le bacche si dimenticherà della persona da molestare), o in alternativa preparare una camicia bianca ai piedi del letto con le maniche disposte a croce (infastidito dalla riproduzione cristiana scapperà a gambe levate...).

Paolo Marzi
 
"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 3, Settembre 2015.

giovedì 26 novembre 2015

L'Aringo numero 3 - versione digitale

In attesa dell'ultimo numero dell'anno 2015, postiamo per tutti la versione digitale del numero 3.
Buona lettura! 



giovedì 12 novembre 2015

La grande guerra - Storia e memoria del fronte Alpino


Un appuntamento molto interessante il 27 novembre alla sala Guazzelli a Gallicano: "La Grande Guerra, storia e memoria del fronte alpino". 

A 100 anni dalla scoppio della I Guerra Mondiale una serata per ricordare e non dimenticare quei tragici anni. Un evento fatto di poesia, teatro, canti e immagini, organizzato dal comune di Gallicano e altre associazioni fra le quali "L'Aringo - Il giornale di Gallicano".

martedì 10 novembre 2015

Silvano Valiensi, la cultura popolare di un artista garfagnino.

Amare la Garfagnana vuol dire assaporare quella magica essenza intrisa di ricordi,
profumi e sapori di un tempo che fu; ogni angolo, anche il più remoto, emoziona
e rimanda ad un passato che sarà sempre parte integrante della nostra vita.
Silvano Valiensi è stato uno dei massimi esponenti del filone “cultural popolare”
che permette alla Garfagnana, quella vera e verace, di sopravvivere. Le sue poesie
aprono un varco temporale riuscendo a proiettarci nell’orizzonte degli eventi,
dove riscoprire le nostre radici. Immergendoci nelle sue parole, a volte dissacranti
e ironiche, altre volte serie e malinconiche, dipingiamo un quadro antico dove
ogni sfumatura regala emozioni e ricordi. Maestro buono ma risoluto, come lo
erano gli insegnanti elementari del passato, Valiensi amava la poesia ma i piccoli
capolavori rimanevano spesso racchiusi nel suo prezioso cassetto, evidenziando
una modestia senza tempo. L’importanza dei libri, pubblicati postumi, dimostra
quanto la memoria del passato sia essenziale per guardare il futuro, e porta alla
luce un artista popolare di alto spessore che nobilita l’essenza stessa di Gallicano
e della Garfagnana.
                                                                                                Simone Alex Sartini


Gallicano nel vento

Silvano Valiensi
Vogliamo mandarti questa cartolina,
che ti porti laggiù in terra lontana,
una carezza della tramontana,
che soffia a Gallicano stamattina.
Il cielo è terso, e azzurro di cobalto,
il fumo, appena uscito dai camini,
si disperde nel vento. Gli Appennini,
bianchi di neve guardano dall’alto
la valle triste. Un albero sottile
trema di freddo tutto intirizzito,
la Pania s’è cambiata, ormai, il vestito;
martella il tempo il vecchio campanile.
Le selve, in alto, sono tutte spoglie,
insieme al bosco, tetro e mal ridotto,
arruffato, saltella un passerotto,
fra i tralci delle viti senza foglie.
E soffia, soffia, questo vento pazzo:
s’insinua per le strade del Colletto,
per il Castello va di tetto in tetto,
e corre dalla Mandria a Carpinazzo.
Passa gente sul Ponte, incappucciata,
rasenta il muro e tira via di fretta;
c’è per tutti, accogliente, che li aspetta
una bella stanzetta riscaldata.
Noi…restiamo all’aperto sotto il sole,
perché vogliamo parlare con il vento...
e lui ci ascolta e par che sia contento,
nel sentirsi affidar queste parole:
Se per caso tu arrivi nell’Australia,
dove c’è un nonno con una nipotina
che gioca in mezzo a un parco ogni mattina,
portagli tanti baci dall’Italia.

Silvano Valiensi

"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 1, Maggio  2015. "Speciale Palio di San Jacopo"