Un movimento improvviso, un frusciare di foglie, un rametto
che si spezza... Succedeva così che il ripetersi casuale di certe
situazioni, l’avverarsi di un sogno, avvenimenti particolari che
non era possibile riportare in uno schema logico contribuissero
nei secoli passati alla nascita di superstizioni particolari
legate ad esseri fantastici, burloni e dispettosi. Anche la Garfagnana
ha il suo essere fantastico: è il buffardello, presente in
maniera forte nella nostra tradizione popolare e in tanti racconti
che venivano narrati “a veglio” accanto al focolare.
Ma chi
era il buffardello? Cosa dicono le tradizioni? Guardiamo un pò.
Il buffardello generalmente era indicato come un ometto di
una settantina di centimetri con la barba lunga e appuntita,
simpatiche scarpe aguzze ed un vestito rosso scarlatto. Coloro
che lo hanno... visto lo descrivono non brutto di faccia, non
mancherebbe affatto di una certa eleganza. Ben più sinistra
invece è la sua origine: il “Grillorosso” (n.d.r: al secolo Alfezio
Giannotti, studioso di tradizioni locali e autodidatta di Eglio) in un
articolo del 1928 su “La Garfagnana” dice che secondo tradizione
il buffardello avrebbe partecipato più di un milione di anni
fa insieme a Lucifero ed Arael e mille altri alla detronizzazione
di Dio.
Dopo tre giorni di strenue battaglie ebbe le mani forate
da un fulmine e una pedata fortissima ricevuta nel didietro lo
fece ruzzolare dalle soglie celesti e giunse così sulla terra. Lucifero
ed Arael furono relegati negli inferi, mentre egli, magro e
piccolino, rimase nascosto e sconosciuto sulla terra a rompere
gli occhiali ai preti, a far dispetti alle zitelle e marachelle varie
ai contadini. In alcuni casi si presenta con un turbinio di foglie
di notevole forza capace di scompigliare ogni cosa. È bene avvisare
inoltre che ama la notte: è infatti nelle ore più buie e
silenziose che mette in pratica tutte le sue diavolerie.
Fra le vittime preferite vi erano i poveri preti: si racconta che in
alcuni casi si accaniva sull’aspersorio (lo strumento che il prete
usa per benedire) spelacchiandolo tutto, lasciando il manico
d’ottone tondo e pelato.
Un parroco della parrocchia di Gallicano
(lungi da me dal farne il nome...) giurava e spergiurava,
raccontandolo in maniera alquanto animata, di quando se lo
trovò durante la notte che gli girava intorno al letto cantandogli
la messa da morto.
Mai però era dannoso nel vero senso
della parola, era a ogni buon conto esasperante fino all’inverosimile.
Lo sapeva bene quel contadino della Pontavilla (località
di Gallicano) che trovava nella sua stalla le code delle mucche
e i crini dei cavalli intrecciati, e ancor meglio quei poveri marito
e moglie che possedevano solo due vacche, una ingrassava
a vista d’occhio, mentre l’altra deperiva quasi fino alla morte:
ebbene si scoprì che il buffardello la notte toglieva il fieno
dalla mangiatoia della vacca magra per darlo a quella grassa.
Che dire sennò delle case trovate con la mobilia sottosopra e i
quadri cambiati di posto? Le canoniche poi erano il suo divertimento…
Anzi direi di leggere direttamente da chi lo ha “visto”.
Questa è una testimonianza del secolo scorso:
“Non v’era
dispetto che il maledetto non tentasse ai miei danni. Mi spargeva
il sale fra le lenzuola, mi nascondeva la fiaschetta della polvere da
caccia. Una volta tentò di farmi ruzzolare in cantina smuovendo
le assi del pavimento e poi la notte non mi fa dormire nemmeno
un’ora, lo sento aggrapparsi alle coperte, palpeggiarmi tutto, un
senso di oppressione infinita che mi toglie forze e respiro...”.
Infine per chi lo dovesse vedere o sentire questi sono gli antidoti:
mettere fuori dalla porta un ramoscello di ginepro (il
folletto impegnato a contare le bacche si dimenticherà della
persona da molestare), o in alternativa preparare una camicia
bianca ai piedi del letto con le maniche disposte a croce (infastidito
dalla riproduzione cristiana scapperà a gambe levate...).
Paolo Marzi
"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 3, Settembre 2015.
Paolo Marzi