"L'Aringo -il giornale di Gallicano" augura a tutti i suoi lettori un felice 2016, che sia un anno pieno di soddisfazioni per tutti. Un anno questo che ci vedrà ancora di più protagonisti nel panorama culturale gallicanese. Convinti del vostro sostegno auguriamo ancora a tutti pace, serenità e salute.
giovedì 31 dicembre 2015
giovedì 24 dicembre 2015
Buon Natale e Felice Anno nuovo
E' stato il primo anno di vita, il giornale l'Aringo ha visto la luce di maggio e siamo arrivati a quattro numeri. La redazione è felice di essere riuscita a raggiungere l'obiettivo prefissato per questo 2015, ma è anche caparbiamente impegnata a fare meglio per il futuro.
Ringraziamo i lettori per l'attenzione, i soci dell'associazione l'Aringo, ma soprattutto tutti gli sponsor, senza i quali l'Aringo non potrebbe mai essere nato.
Nella speranza che l'Aringo abbia una lunga vita, la Redazione augura Buon Natale e Felice Anno nuovo.
Arrivederci a marzo 2016.
venerdì 18 dicembre 2015
In uscita il nuovo numero natalizio de "L'Aringo"
Ecco il numero natalizio de "L'Aringo", un numero dedicato in buona parte al Natale. In prima pagina la Fiaccolata Natalizia e poi ancora numerosi articoli su storia, tradizioni, curiosità e quant'altro, in più un gradito omaggio della redazione a tutti i suoi lettori: il calendario double face 2016 firmato "L'Aringo il giornale di Gallicano".
Da domani in tutte le case di Gallicano!
martedì 15 dicembre 2015
La morte dello “striscino”
Quest’ultimo, in
particolare, veniva prodotto nei vigneti
di tutta la Garfagnana, dalle parti più
basse, lungo il fiume Serchio, fino a ottocento
metri sul livello del mare.
Documenti storici ci riportano questa
coltivazione già avanti l’anno mille, ma
il suo maggior sviluppo si ha intorno
agli inizi del 1800. In quel periodo, ovviamente,
non si faceva produzione di
qualità come oggi, ma di quantità, per
diversi motivi e principalmente perché
la maggior parte delle varietà di uve era
del tipo selvatico. Inoltre, l’attività contadina
era a mezzadria e quindi il contadino
doveva spartire metà prodotto
con il padrone del fondo.
Quindi le viti
dovevano produrre il più possibile e
ovviamente il vino ottenuto era di basso
volume alcolico, anche di 6-8 gradi,
per questo veniva chiamato “striscino”,
e stava a significare che, da tanto era di
bassa gradazione, “strisciava per terra”.
Non solo, ma i contadini, alla vinaccia
strizzata delle uve, aggiungevano l’acqua
e, strizzandole per la seconda volta,
ottenevano la cosiddetta “vinella” (acqua
colorata con un poco di sapore di vino,
usata anche per la cosiddetta “vinata”).
Oggi ovviamente tutto questo non si fa
più, anche perché di vino se ne produce
ormai poco, sia nel nostro Comune che
in tutta la Garfagnana, e principalmente
per uso proprio, inoltre sono cambiati
i tipi di vitigni, con uve a maturazione precoce e con alti tenori di zuccheri, che
danno al vino gradazione, profumi e sapori
molto apprezzabili.
Ma parlando di giovani che hanno fatto
ritorno all’agricoltura nel nostro Comune
possiamo dire con grande soddisfazione
di avere nel settore vitivinicolo un
giovane che ha dato un grande prestigio
e al Comune di Gallicano e alla Garfagnana.
Sono andato a trovarlo, è Gabriele Da
Prato di Concori Ponte di Campia.
Conduce
un’attività vitivinicola e produce un
vino oggi affermato in tutto il mondo.
Gli ho chiesto come ha fatto ad avventurarsi
in un settore così complicato e difficile
come la viticoltura, specialmente in
una valle come la nostra dove nessuno
prima di lui aveva investito in questo
settore. Ecco il suo bellissimo commento:
“Ho avuto sempre la passione del produrre
vino fin da bambino, tramandata da
mio nonno a mio padre, ma in quei tempi
non si pensava a fare prodotti di qualità.
Poi tutto prese una svolta nell’anno 1999,
quando incontrai un grande enologo
come Saverio Petrilli della tenuta di Valgiano.
Con lui ho visitato vigneti e cantine in
Francia, in Svizzera e Germania, osservando
pregi e difetti, e a tal punto da essere più
che convinto del mio intento, e nel 2000
sono partito con un progetto. Da un lato
recuperare quei suoli e quei terrazzamenti
che mio padre non aveva più le forze per
gestire, e dall’altro riuscire a portare, in
dieci anni, il vino di Concori sui tavoli della
Toscana e dell’Italia.
Poi nel 2002 ho iniziato una coltivazione
biodinamica e questo ha confermato il
mio percorso, dando più risorse naturali al
vigneto con risultati eccellenti”.
Ho poi chiesto a Gabriele se oggi avrebbe fatto il suo vigneto con i nostri vitigni
autoctoni garfagnini. “Quindici anni fa no
senz’altro perché ancora non c’erano studi
sui nostri vitigni – mi ha risposto -. Oggi
potrebbe essere fatto, supportato dagli
studi e dalle ricerche universitarie”.
Come sei riuscito ad arrivare ad un mercato
internazionale di alto livello? “Con
grande sforzo e con la qualità.
Il primo
riconoscimento è stato con Veronelli, e là
sono rientrato nei migliori dieci vini emergenti
italiani nel 2003, ma ancora c’era
molto da lavorare. Sono stato premiato
Chiocciola Slow Food per due anni di seguito
e ho ottenuto molti altri riconoscimenti”.
Infine gli ho chiesto come vede il futuro,
sia a livello fiscale, di normative, che di
cambiamento del clima (anche considerando
le calamità naturali sempre più
frequenti).
“Purtroppo ti devo dire che siamo
abbandonati a noi stessi; le vicende del
vento del cinque marzo, l’alluvione di ottobre
del 2013 hanno messo veramente in
ginocchio specialmente chi fa agricoltura.
L’agricoltura non si può delocalizzare, cioè
domani non posso dire chiudo la vigna e
la porto, per dire, in Romania, noi viviamo
qui, ed è qui la fonte del nostro reddito.
Pertanto credo ci dovrebbero essere dei
tavoli di confronto, per venirci incontro
almeno con un minimo di aiuti, non solo
nei periodi elettorali, ma anche in questi
momenti difficili: dovrebbero venirci a trovare
per vedere con i loro occhi le difficoltà
di noi contadini.
Da parte mia cercherò di
continuare nella strada della qualità del
prodotto, fino a che potrò resistere”.
Ivo Poli
"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 3, Settembre 2015.
sabato 12 dicembre 2015
Il terremoto del 7 settembre 1920 - Dal diario dello Zampogna
Il giorno 7 di settembre 1920 alle
ore 7 e minuti 56 del mattino,
venne in tutta la Garfagnana e
Lunigiana una violentissima scossa
di terremoto, che devastò tutti i
paesi. Facendo crollare case, nelle
quali rimasero parecchie vittime.
Se fosse avvenuto questo 3 o 4 ore prima i morti sarebbero stati a migliaia perché molte furono le case rase al suolo, mio padre e mia madre così dicevano: per quanto ne sappiamo noi è stato proprio il lavoro dei campi che ha risparmiato tante vittime altrimenti sarebbe stato un disastro, e sempre avevano qualcosa che concludeva.
Vedete
che qualche volta Dio s’è ricordato
anche di noi poveri bifolchi?
Il
lavoro delle campagne fa alzare
presto al mattino, e mentre tu lavori
sopra di te c’è Dio, il celo (cielo, ndr)
e loro non ti vengono addosso.
"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 3, Settembre 2015.
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